Poema di Rudolf Borchardt (1904) ispirato a una storia vera avvenuta alla fine del 1300 della quale lui stesso ritrovò la documentazione originale nell'Archivio Storico di Volterra. La storia della famiglia Belforti ha affascinato poeti e scrittori di tutte le epoche tra i quali lo stesso D'Annunzio ("Forse che si, forse che no")
Il Testamento e la Condanna a morte si trovano, invece, all'Archivio di Stato di Firenze. Tradotto in italiano dalla figlia del poeta Corona
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Borchardt/Abbondanza con l'adattamento drammaturgico di Simone Migliorini, il testo è pubblicato per la prima volta in Italia sul volume "Lettere e altre carte appartenute alla famiglia Belforti" Gian Piero Migliorini Editore in vendita in tutte le librerie on-line. All'interno del volume la lettera originale del servitore del giovane Belforti, Raimondo, che nel 1371 circa, inviò alla madre, Bandecca, per comunicargli la morte del fanciullo avvenuta a Venosa (dove si trovava al seguito dell'esercito del Papa) per febbre quartana.
Le musiche e la canzone sono di David Dainelli